Questo post è uscito spontaneo dopo una conversazione (meglio: un monologo) che un bidello ha voluto intrattenere con me qualche giorno fa.
Mentre sproloquiava cose senza senso, accennando alla sua vita (“piena di problemi”), al suo rapporto con le altre persone (“c’è gente che mi aiuta ma a me non interessa”) e con la società (“mi emargino da sempre”), senza minimamente guardarmi in faccia ma soffermandosi altresì su punti invisibili nella stanza dove ci trovavamo, ho smesso di ascoltarlo e ho cominciato a riflettere.
Per dieci minuti (tanto è durato il surreale discorso) ho ragionato sulla tipologia di bidelli che al momento ho conosciuto nella mia vita.
A meno di sorprese, al momento posso dividere questa categoria in tre grandi gruppi.
GLI PSICOPATICI
Quelli che, come il soggetto sopradescritto, hanno evidenti turbe psichiche di piccola o grande gravità. So per certo che alcune persone con disagi mentali di diversi tipi vengono chiamate a svolgere questo tipo di attività attraverso cooperative specializzate, per cui non sono particolarmente sorpresa. Tuttavia, nei miei (pochi) anni di lavoro all’interno del mondo scolastico, non so come sono diventata soggetto prediletto di questo tipo di personaggi, figure invisibili fino a quando non gli rivolgi la parola per un cortese saluto. Da quel momento ti vedranno come interlocutore scelto su cui riversare qualunque –e dico qualunque- cosa passi loro per la mente, ovviamente senza alcun filo logico. Un “Ulisse” di Joyce perpetuo, di cui tu ti ritrovi inconsapevole spettatore.
Mi ricordo ancora annuire meccanicamente al racconto di una bidella (avrà avuto una trentina d’anni, ne dimostrava quindici di più), sullo svolgersi del suo intervento per la rimozione di una ciste sulla schiena, comprensiva della descrizione del quotidiano disinfettare, aiutata dalla madre. Una mezz’ora di narrazione, passata a spazzare lo stesso angolo dell’aula con nervosa compulsività.
GLI ONNIPOTENTI
A mio avviso la categoria peggiore. Quelli che la scuola è loro, ogni banco è loro, ogni armadio, ogni gesso, ogni spazzolone. D’altronde i professori vanno e vengono, e loro no: qualcosa vorrà pur dire. La scuola è il loro territorio e tu solo un fastidioso ospite. Sbuffano alle tue richieste, ti fanno sentire costantemente di troppo, tendono a fare la spia per qualunque, minimo problema. Che sia donna o uomo, non cambia: ho conosciuto gli esponenti di entrambe le categorie e il modus operandi non si discosta: tendono a essere pettegoli, nervosi, costantemente sulla difensiva. Cammini per i corridoi e senti i loro occhi conficcati sulla schiena, a volte riesci a percepirli anche attraverso i muri.
I BIDELLI PER CASO
Quelli che erano nati per fare altro, ma la vita li ha portati a pulire i banchi e suonare la campanella. Devo ammettere che sono i più spassosi, quelli che ho conosciuto io sono soprattutto meridionali, e sono quelli che prendono questo tipo di lavoro con maggiore serenità. Sono peraltro i personaggi più amati dagli studenti, con cui di solito hanno un rapporto amichevole e, proprio per questo, sono quelli che i ragazzi si ricorderanno con piacere una volta usciti dalla scuola.
Ne annovero due in particolare: un napoletano gentilissimo, sovrappeso e dallo sguardo dolce, che riusciva a fare da paciere in qualunque situazione di conflitto tra gli studenti solo con la sua presenza.
L’attore mancato dalle sopracciglia perfette, che ha passato tutta una ricreazione a raccontarmi della sua favolosa esperienza sul set di un film di Pupi Avati e che alla mia domanda “Perché hai lasciato Roma?” mi ha semplicemente risposto “Non ce la facevo più, ma voglio tornare sul set, questo lavoro è solo una parentesi”. Non vedo l’ora ci faccia un film.